L’assedio del terzo distretto di Minneapolis

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Un racconto e un’analisi

In questo testo anonimo, i partecipanti alla rivolta di Minneapolis scaturita in risposta all’assassinio di George Floyd analizzano come una combinazione di diverse tattiche abbia costretto la polizia ad abbandonare il Terzo Distretto.


La seguente analisi è nata a seguito di una discussione avvenuta il Giorno Tre della Rivolta per George Floyd, di fronte al Terzo Distretto di Minneapolis, mentre le fiamme si levavano dalle sue finestre. Ci siamo uniti a un gruppo di persone dall’altra parte della strada, i cui volti illuminati dal fuoco irradiavano gioia e stupore. Individui di varie etnie sedevano fianco a fianco parlando del valore tattico dei laser, dell’etica del “condividere tutto,” dell’unità interrazziale nel combattere la Polizia e della trappola dell’“innocenza.” Eravamo tutti d’accordo; tutti noi avevamo individuato le stesse cose che ci hanno aiutato a vincere. Migliaia di persone hanno condiviso l’esperienza di queste battaglie. Ci auguriamo che non dimentichino come si fa a lottare. Ma il tempo di combattere e di festeggiare la vittoria è incommensurabile rispetto alle abitudini, agli spazi e ai suoi collegamenti con la vita quotidiana e al modo in cui questa si riproduce. È spaventoso quanto ciò che è accaduto sembri già distante. Il nostro scopo è preservare la strategia che si è rivelata vincente contro il Terzo Distretto di Minneapolis.

La nostra analisi si concentra sulle tattiche e sulla varietà di persone che hanno assediato il Terzo Distretto il Giorno Due dell’insurrezione. L’assedio è durato dalle 16.00 circa fino alle prime ore del mattino del 28 maggio. Crediamo che il ritiro tattico della Polizia dal Terzo Distretto il Giorno Tre, sia stato possibile grazie all’assedio del giorno precedente, che aveva sfiancato il personale e prosciugato le riserve del distretto. Non eravamo presenti durante i combattimenti che hanno preceduto la ritirata del Giorno Tre, poiché siamo arrivati proprio mentre la Polizia se ne stava andando. Ci trovavamo in un’altra parte della città, in una zona in cui alcuni giovani stavano combattendo contro gli sbirri mentre cercavano di saccheggiare un centro commerciale - da qui il motivo della nostra attenzione per Giorno Due.

28 maggio: il Terzo Distretto di giorno. È stato dato alle fiamme quella notte.

Contesto

L’ultima rivolta popolare contro il Dipartimento di Polizia di Minneapolis ebbe luogo in risposta all’assassinio di Jamar Clark, compiuto il 15 novembre 2015 da due agenti. Quest’omicidio diede vita a due settimane di disordini che proseguirono fino al 2 dicembre. Scontri a fuoco tra i manifestanti e i poliziotti erano all’ordine del giorno; tuttavia, la risposta alla sparatoria fu l’occupazione del vicino Quarto Distretto. Organizzazioni come la NAACP e la neonata Black Lives Matter avevano affermato il loro controllo sulle persone che si erano radunate; spesso, avevano avuto dei contrasti con giovani ribelli non affiliati che preferivano combattere contro gli agenti in modo diretto. La maggior parte della nostra analisi si concentra sul modo in cui giovani ribelli neri e latini dei quartieri poveri e della classe operaia abbiano colto l’occasione per ribaltare questa relazione. Riteniamo che questa sia stata una condizione necessaria per la rivolta.

George Floyd è stato assassinato dalla Polizia tra la 38th Street e Chicago Avenue tra le 20.20 e le 20.32 di lunedì 25 maggio. Le dimostrazioni contro il suo omicidio sono iniziate il giorno successivo, sotto forma di veglia, nel luogo in cui è stato ucciso. Alcuni partecipanti hanno iniziato a marciare verso il Terzo Distretto tra Lake Street e la 26th, dove i ribelli hanno attaccato le autopattuglie posteggiate nel parcheggio della Polizia.

Questi due siti sono diventati importanti punti di ritrovo. Molti gruppi della comunità, organizzazioni, liberali, progressisti e gente di sinistra si sono radunati presso il luogo della veglia, mentre chi voleva combattere, ha preferito ritrovarsi vicino al commissariato. Questo ha significato una distanza di oltre tre chilometri tra due raggruppamenti molto diversi, una divisione spaziale che si è riflessa anche in altre zone della città. I saccheggiatori si sono scontrati con la Polizia in aree commerciali al di fuori della sfera d’influenza delle organizzazioni, mentre molti altri cortei di sinistra hanno escluso gli elementi combattivi ricorrendo alla tattica familiare della sorveglianza pacifica per paura di perdere la loro immagine di rispettabilità.

28 maggio: all’interno del Target liberato e devastato su Lake Street, verso il Terzo Distretto.

Il “soggetto” della rivolta per George Floyd

Il soggetto della nostra analisi non è una razza, una classe, un’organizzazione o un movimento, ma una moltitudine. Ci concentriamo su di essa per tre motivi. In primo luogo, a eccezione dei medici di strada, il potere e il successo di coloro che hanno combattuto contro il Terzo Distretto non sono dipesi dalla loro esperienza nell’”organizzare” o dal loro essere membri di organizzazioni. È piuttosto il risultato d’individui e gruppi non affiliati che hanno coraggiosamente assunto dei ruoli che si sono completati a vicenda e che hanno colto le opportunità offerte loro.

Laddove il primo incontro è nato grazie a una manifestazione predisposta da un’organizzazione guidata da afroamericani, tutte le azioni che hanno materialmente sconfitto il Terzo Distretto sono state intraprese dopo la fine del corteo, guidato da persone non affiliate a esso. Non c’era praticamente nessuna delle solite facce di leader comunitari e spirituali autoproclamatisi tali e ciò ha permesso che la moltitudine fosse libera di trasformare la situazione. Le organizzazioni si affidano a stabilità e prevedibilità per attuare strategie che richiedono lunghi tempi di elaborazione. Pertanto, i leader possono essere minacciati da improvvisi cambiamenti nelle condizioni sociali che rendono rilevanti le loro organizzazioni. Queste - persino quelle autoproclamate “rivoluzionarie” - hanno interesse a reprimere la rivolta spontanea al fine di reclutare nei propri ranghi chi è scontento e infuriato. Che si tratti di un funzionario eletto, di un leader religioso, di un “organizzatore della comunità” o di un rappresentante di sinistra, il loro messaggio alle moltitudini indisciplinate è sempre lo stesso: aspettare.

Il Terzo Distretto è stato messo in ginocchio da una moltitudine, non da un’organizzazione perché i suoi obiettivi, i suoi mezzi e la sua composizione interna non erano regolati dall’autorità centralizzata. Ciò si è rivelato vantaggioso poiché, di conseguenza, la moltitudine ha fatto ricorso a opzioni più pratiche ed è stata più libera di creare relazioni interne inedite per adattarsi al conflitto in corso. Parleremo di quest’aspetto più avanti, nella sezione intitolata “Il modello e la ‘composizione’ della battaglia.’”

Il soggetto della rivolta del 27 maggio è stata la moltitudine perché i suoi componenti avevano poche aderenze nell’ordine esistente gestito dalla Polizia. Fondamentalmente, una tregua di gruppo era stata convocata dopo il primo giorno di disordini, neutralizzando momentaneamente le barriere territoriali e generando unità nella lotta. La gente proveniva principalmente dalla classe operaia e dai bassifondi abitati da afroamericani e ispanici. Ciò si è potuto osservare soprattutto nelle fila di chi ha lanciato oggetti contro gli agenti e ha vandalizzato e saccheggiato i negozi. Coloro che non s’identificano come “proprietari” del mondo che li opprime hanno più probabilità di combatterlo e sottrarvisi quando si presenta loro l’occasione. La moltitudine non era interessata a giustificarsi con gli astanti ed era a malapena interessata a “significare” qualcosa per qualcuno al di fuori di sé. Non c’erano cartelli o discorsi, solo slogan che avevano lo scopo tattico di “gasarsi “ (“Fuck 12!” – “Fanculo 12!”) e d’interrompere la violenza della polizia esibendo un’“innocenza” strategica (“Hands up! Don’t shoot!” – “Abbiamo le mani alzate! Non sparate!”).

28 maggio: un banco dei pegni saccheggiato e che sta per prendere fuoco a est del Terzo Distretto su Lake Street. Si dice che, la sera prima, il proprietario abbia ucciso un manifestante dopo avergli sparato.

Ruoli

Abbiamo visto le persone interpretare i seguenti ruoli:

Supporto medico

Di questo gruppo hanno fatto parte medici di strada e medici che hanno eseguito triage e cure d’emergenza in alcuni spazi convertiti di un centro comunitario a due isolati di distanza dal Distretto. In circostanze diverse, ciò sarebbe potuto essere eseguito presso qualsiasi negozio, nei locali di un’ONG o in luoghi di culto “di parte.” In alternativa, una moltitudine o un gruppo di medici potrebbe occupare uno spazio simile per la durata di una protesta. Coloro che si erano organizzati come medici di strada non hanno interferito con le scelte tattiche della moltitudine. Hanno invece curato ininterrottamente chiunque avesse bisogno del loro aiuto.

Controllori dei canali radio e operatori di canali Telegram

Ormai, questa è una pratica comune in molte città degli Stati Uniti ma chi tiene sotto controllo le frequenze della Polizia prestando particolare attenzione alle informazioni strategicamente importanti ha svolto un ruolo cruciale nel creare un flusso d’informazioni che passasse direttamente dagli agenti alla moltitudine. È quasi certo che, nel complesso, gran parte di questa non stesse prestando particolare attenzione all’utilizzo di Telegram. Consigliamo ai ribelli di installare quest’app su telefoni usa e getta per rimanere informati, per evitare che la Polizia (tramite ripetitori fasulli) possa tracciarne le informazioni personali.

Manifestanti pacifici

Le tattiche nonviolente dei manifestanti pacifici hanno rivestito due scopi familiari e uno insolito:

  • Hanno creato uno spettacolo di legittimità, intensificatosi con l’escalation della violenza della Polizia.

  • Hanno creato una prima linea in grado di bloccare i tentativi della Polizia di avanzare quando si sono schierati all’esterno del Distretto.

  • Inoltre, con un colpo di scena inaspettato, i manifestanti pacifici hanno protetto coloro che lanciavano oggetti contundenti.

Ogni volta che gli agenti minacciavano di ricorrere a lacrimogeni o a proiettili di gomma, i manifestanti nonviolenti si sono schierati di fronte a loro con le mani alzate, intonando lo slogan “Hands up, don’t shoot!” È capitato che s’inginocchiassero ma, di solito, ciò accadeva solo durante i momenti di calma relativa durante l’azione. Quando i poliziotti si schieravano fuori dai Distretti, si sono spesso trovati di fronte a una linea di manifestanti “nonviolenti.” Ciò ha avuto l’effetto di stabilizzare temporaneamente lo spazio del conflitto, dando ad altri elementi della moltitudine un bersaglio fisso. I manifestanti pacifici che intimavano con fare rabbioso alle persone di smettere di gettare oggetti erano pochi e, con il passare delle ore, il loro numero è diminuito ulteriormente. La moltitudine, probabilmente, si è infuriata perché gli sbirri avevano iniziato a sparare proiettili di gomma contro chi lanciava degli oggetti. Va notato che, di solito, accade il contrario - siamo abituati a vedere più tattiche conflittuali usate per proteggere coloro che praticano la nonviolenza (per esempio, a Standing Rock e a Charlottesville). L’inversione di questa relazione cui abbiamo assistito a Minneapolis ha offerto una maggior autonomia a coloro che hanno impiegato tattiche conflittuali.

Squadre di tiratori

Le squadre di tiratori hanno scagliato bottiglie d’acqua, pietre e alcune Molotov contro la Polizia e hanno sparato dei fuochi d’artificio. I tiratori non hanno agito sempre in gruppo ma così facendo si sono protetti dal diventare bersagli dei manifestanti nonviolenti che volevano dettare le tattiche alla moltitudine. Queste squadre hanno ricoperto tre funzioni:

  • Salvaguardare gli elementi pacifici della moltitudine durante i momenti di escalation dalla violenza della Polizia.

  • Indurre pazientemente l’esaurimento delle riserve di munizioni antisommossa della Polizia.

  • Minacciare l’integrità fisica degli agenti, rendendo più difficile la loro avanzata.

Il primo giorno della rivolta, parecchi SUV della polizia parcheggiati nel Terzo Distretto sono stati attaccati. Ciò si è ripresentato rapidamente il Giorno Due, a partire dal lancio di bottiglie d’acqua contro gli agenti posizionati sul tetto del Terzo Distretto e accanto all’edificio. Dopo che la polizia ha risposto con lacrimogeni e proiettili di gomma, anche le squadre di tiratori hanno iniziato a utilizzare delle pietre. Qualcuno ha divelto le panchine di pietra alle fermate degli autobus per fornire proiettili aggiuntivi. All’imbrunire, alcune persone hanno iniziato a usare dei fuochi d’artificio, attivando una pratica che si è diffusa nei Giorni Tre e Quattro. I “Boogaloo” (suprematisti bianchi che premono sul Secondo Emendamento) avevano già utilizzato i fuochi d’artificio il primo giorno ma da ciò che abbiamo visto in seguito, si sono perlopiù ridotti a restare ai margini. Infine, vale la pena notare che la Polizia di Minneapolis ha usato “marcatori verdi,” proiettili di gomma contenenti dell’inchiostro verde che al momento dell’impatto contrassegnano i trasgressori in modo tale che sia più semplice arrestarli in seguito. Una volta diventato chiaro che il Dipartimento aveva una capacità limitata di far fronte a queste minacce e che, inoltre, la moltitudine avrebbe potuto vincere, chi era stato marchiato aveva tutti i motivi per combattere con le unghie e con i denti contro la Polizia.

28 maggio: il retro dello stesso banco dei pegni in fiamme

Puntatori laser

Nel linguaggio del movimento sorto a Hong Kong, chi utilizza i puntatori laser viene definito “mago della luce.” Come nel caso di Hong Kong, del Cile e di altri luoghi, nel 2019, alcune persone si sono presentate munite di puntatori laser per attaccare la capacità visiva dei poliziotti. Poiché è molto facile individuare chi ricorre a tali strumenti, questi comportano uno specifico rapporto rischio/rendimento anche quando gli operatori li utilizzano di notte in mezzo a una folla imponente e attiva. Coloro che usano i puntatori laser sono particolarmente vulnerabili se tentano di colpire singoli agenti o (soprattutto) elicotteri della Polizia mentre operano in piccoli gruppi; ciò accade anche nel caso in cui un intero quartiere venga saccheggiato (per quanto ne sappiamo, l’uso quotidiano di puntatori laser ad alta potenza dotati di mirini rimane non dimostrato). Il vantaggio di questi strumenti è immenso: compromettono momentaneamente la vista dei poliziotti a terra e possono disabilitare i droni di sorveglianza interferendo con i loro sensori a infrarossi e telecamere per il rilevamento degli ostacoli. In quest’ultimo caso, un drone colpito costantemente con il laser può finire a terra ed essere distrutto dalla moltitudine. Ciò si è verificato più volte nei Giorni Due e Tre. Nel caso in cui la moltitudine sia particolarmente densa e visivamente difficile da distinguere, i laser possono essere utilizzati per allontanare gli elicotteri della Polizia. Ciò è stato dimostrato con successo il Giorno Tre, in seguito alla ritirata degli agenti dal Terzo Distretto, nonché il Giorno Quattro nei pressi della battaglia del Quinto Distretto.

Barricatori

I barricatori hanno eretto degli sbarramenti utilizzando materiali rinvenuti nei paraggi, tra cui un’impressionante barricata che ha bloccato la Polizia sulla 26th Avenue, a nord di Lake Street. Quest’ultima è stata assemblata con una fila di carrelli della spesa recuperati da un supermercato lì vicino, cassonetti, transenne della polizia, compensato e materiali edili recuperati da un cantiere nelle vicinanze. Al Terzo Distretto, la barricata ha fornito un utile riparo da cui effettuare attacchi con puntatori laser e lanci di pietre, fungendo anche da punto di raccolta naturale per la moltitudine. Al Quinto Distretto, quando gli agenti sono avanzati verso la moltitudine, decine di persone hanno riempito la strada con numerose barricate. Da un lato, ciò ha avuto il vantaggio di impedire alla polizia di avanzare ulteriormente e di effettuare arresti, permettendo alla moltitudine di riorganizzarsi fuori dalla portata dei proiettili di gomma. Tuttavia, è diventato presto chiaro che le barricate scoraggiavano la moltitudine dal riprendersi la strada e che dovevano essere smantellate parzialmente per facilitare una seconda pressione sui cordoni della Polizia. Può essere complesso coordinare difesa e attacco contemporaneamente.

Sistemi audio

Autoradio e motori delle macchine hanno creato un’atmosfera che ha animato la folla. L’inno dei Giorni Due e Tre è stato “Fuck The Police,” di Lil ‘Boosie. Una novità mai vista prima è stata il ricorso ai motori per potenziare il frastuono e “mandare su di giri” la gente. Tutto ha avuto inizio da un pick-up con un sistema di scarico modificato, parcheggiato dietro la moltitudine. Quando le tensioni con la polizia iniziavano a inasprirsi e sembrava che il conflitto fosse sul punto di riprendere, l’autista faceva andare su di giri il motore, facendolo rombare fragorosamente sulla moltitudine. A questo, si sono poi aggiunte altre auto modificate e alcuni motociclisti.

28 maggio: l’interno di Cub Foods, vicino al Target saccheggiato. Una grande quantità di gelato sciolto.

Saccheggiatori

Il saccheggio ha ricoperto tre ruoli chiave.

Innanzitutto, ha permesso di ottenere cure e cibo per la moltitudine. Il primo giorno, i ribelli hanno tentato di impadronirsi del negozio di liquori direttamente di fronte al Terzo Distretto. Il loro successo è stato di breve durata poiché gli sbirri sono riusciti a riprenderne possesso. All’inizio della fase di stallo del Giorno Due, un gruppetto di persone ha mostrato la propria determinazione salendo sul tetto del negozio per schernire gli agenti. La moltitudine ha esultato vedendo quest’umiliazione che, implicitamente, ha fissato l’obiettivo per il resto della giornata: dimostrare l’impotenza della Polizia, demoralizzarla ed esaurirne le capacità.

Circa un’ora dopo, è iniziato il saccheggio nel negozio di liquori e in un Aldi a un isolato di distanza. Sebbene la maggior parte dei presenti vi abbia partecipato, era chiaro che alcuni si erano presi la briga di essere strategici al riguardo. Dopo aver recuperato un’immensa quantità di bottiglie di acqua, bevande sportive, latte, barrette proteiche e altri snack, i saccheggiatori dell’Aldi hanno ammucchiato quantità ingenti di questi articoli agli angoli delle strade. Oltre che a questi due negozi, il Terzo Distretto si trovava vicino a un Target, un Cub Foods, un negozio di scarpe, un discount, un Autozone, un Wendy’s e altri ancora. Una volta iniziato, il saccheggio è diventato immediatamente parte della logistica dell’assedio della moltitudine al Distretto.

In secondo luogo, il saccheggio ha sollevato il morale della moltitudine, riuscendo a creare solidarietà e gioia attraverso un atto condiviso di trasgressione collettiva. L’atto del dono e lo spirito di generosità sono stati resi accessibili a tutti, fornendo un contrappunto positivo ai conflitti faccia a faccia con la polizia.

Infine, ultimo ma non per importanza, il saccheggio ha fatto sì che la situazione rimanesse ingovernabile. Mentre si diffondeva in tutta la città, le forze dell’ordine sono state costrette a sparpagliarsi ovunque. Il loro tentativo di assicurarsi obiettivi chiave ha dato ai saccheggiatori solo il controllo delle altre aree della città. Come un pugno che stringe dell’acqua, la Polizia si è trovata frustrata da un avversario che si è espanso in modo esponenziale.

Incendi

La decisione di dar fuoco ai negozi saccheggiati può essere considerata tatticamente intelligente. Ha contribuito all’esaurimento delle risorse delle forze dell’ordine poiché i vigili del fuoco, costretti a domare continuamente gli incendi che dilagavano in ogni dove, hanno richiesto ingenti scorte di polizia. Anche se non sono sempre stati in grado di intervenire (i centri commerciali e il Super Target su University Ave rappresentano delle eccezioni), ciò ha compromesso gravemente la loro capacità di intervenire in situazioni di saccheggio in corso. In altre città, dove la Polizia ha scelto di non scortare i pompieri, le cose sono andate diversamente. Forse questo spiega il motivo per cui i manifestanti spararono in aria intorno ai veicoli antincendio durante la sommossa di Watts.

Nel caso del Terzo Distretto, l’incendio dell’Autozone ha avuto due conseguenze immediate: in primo luogo, ha costretto i poliziotti a spostarsi in strada e a stabilire un perimetro attorno all’edificio per aiutare i vigili del fuoco. Se ciò ha contribuito a ridurre gli scontri nei paraggi del Distretto, ha anche spinto la moltitudine lungo Lake Street che, in seguito, ha saccheggiato in lungo e in largo e ha contribuito alla diffusione della rivolta in tutto il quartiere. Interrompendo la forza magnetica del Distretto, la risposta della polizia agli incendi ha contribuito indirettamente a far dilagare la rivolta in tutta la città.

29 maggio: alcuni agenti formano un perimetro intorno al Terzo Distretto poche ore prima del coprifuoco.

Lo schema della battaglia e la “composizione”

Definiamo le battaglie del secondo e terzo giorno al Distretto un assedio perché la polizia è stata sconfitta dal logoramento. Lo schema della battaglia è stato caratterizzato da un’intensificazione costante, punteggiata da salti qualitativi dovuti alla violenza degli agenti e alla diffusione del conflitto nel saccheggio e negli attacchi contro edifici di proprietà di alcune multinazionali. La combinazione dei ruoli sopra elencati ha contribuito a creare una situazione imprevedibile ma che i poliziotti erano ostinatamente determinati a contenere. La repressione richiesta per ogni sforzo di contenimento ha fatto intensificare la rivolta e l’ha fatta avanzare anche nelle zone circostanti. Il Giorno Tre, tutte le infrastrutture commerciali nei dintorni del Terzo Distretto erano state distrutte e la polizia non aveva nient’altro che un “pugno di cenere” da esibire come trofeo dei suoi sforzi. Non rimaneva altro che il loro Distretto, un bersaglio solitario con risorse risicate. I ribelli che si sono presentati il terzo giorno hanno trovano un nemico ridotto allo stremo delle forze. Tutto ciò che serviva era una spinta finale.

Il Giorno Due della rivolta è iniziato con una manifestazione: i partecipanti erano nelle strade, mentre gli agenti erano di stanza in cima al Distretto, armati fino ai denti. Lo schema della lotta è iniziato durante la dimostrazione, quando la moltitudine ha cercato di scavalcare le recinzioni che proteggevano l’edificio per vandalizzarlo. In tutta risposta, i poliziotti hanno sparato proiettili di gomma, mentre i portavoce invitavano alla calma. Dopo un po’ di tempo, e dopo altri discorsi, i manifestanti ci hanno riprovato. Quando è arrivata la raffica di proiettili di gomma, la moltitudine ha risposto lanciando pietre e bottiglie d’acqua. Ciò ha innescato una dinamica di escalation che è accelerata rapidamente una volta terminato il corteo. Alcuni hanno fatto appello alla nonviolenza e hanno cercato di interferire con coloro che stavano lanciando oggetti ma la maggior parte non si è nemmeno sognata di discutere. O venivano in gran parte ignorati o la risposta era la stessa: “Quella fottuta nonviolenza non funziona!” In effetti, nessuna delle due parti in causa si trovava pienamente dalla parte della ragione: com’è stato dimostrato dallo svolgimento della battaglia, avevano entrambe bisogno l’una dell’altra per realizzare l’impresa storica di ridurre il Terzo Distretto in cenere.

È importante notare che la dinamica cui abbiamo assistito il Giorno Due non ha comportato l’uso della nonviolenza e l’attesa della repressione per intensificare la situazione. Al contrario, in parecchi si sono esposti per sfidare gli agenti a diventare più violenti e a giungere a un’escalation. Non appena la moltitudine e i poliziotti si sono trovati bloccati in uno schema conflittuale crescente, l’obiettivo della Polizia ha iniziato a trasformarsi in quello di espandere il proprio controllo territoriale irradiandosi verso l’esterno dal Distretto. Presa la decisione di avanzare, gli agenti hanno iniziato a lanciare granate stordenti contro la moltitudine e a sparare proiettili di gomma contro chi tirava oggetti, assemblava barricate e rilanciavano i lacrimogeni.

29 maggio: il reparto di prodotti di bellezza di un Walgreens saccheggiato su Lake Street, a est del Terzo Distretto.

L’intelligenza della moltitudine si è mostrata quando i partecipanti hanno velocemente appreso cinque lezioni nel corso della lotta.

Innanzitutto, è importante rimanere calmi di fronte alle granate stordenti, poiché non sono fisicamente dannose se ci si trova a più di un metro di distanza da loro. Questa lezione può essere applicata a una visione più generale della governance delle crisi: non farsi prendere dal panico, poiché la Polizia userà sempre il panico contro di noi. Bisogna reagire rapidamente rimanendo i più calmi possibili.

In secondo luogo, la pratica di lavare gli occhi irritati dai gas lacrimogeni si è diffusa rapidamente passando dai medici di strada al resto della moltitudine. Utilizzando bottiglie d’acqua prese dai negozi saccheggiati, in molti sono stati in grado di imparare ed eseguire rapidamente il lavaggio degli occhi. Si potevano vedere persone intente a lanciare pietre che il minuto dopo stavano curando gli occhi di qualcun altro. Questa conoscenza medica di base ha contribuito a rafforzare la fiducia della moltitudine, permettendole di resistere alla tentazione di andare in panico e di fuggire, così da poter tornare sul campo di battaglia.

Terzo, forse la scoperta tattica più importante della moltitudine è stata che quando si è costretti a ritirarsi dai gas lacrimogeni, si deve riempire lo spazio che si è abbandonato il più rapidamente possibile. Ogni volta che la moltitudine al Terzo Distretto tornava, lo faceva in modo sempre più arrabbiato e determinato per fermare l’avanzata degli agenti o di fargli pagare cara ogni loro passo.

In quarto luogo, per usare il linguaggio di Hong Kong, abbiamo visto la moltitudine praticare la massima “sii acqua.” Non solo la moltitudine è rifluita rapidamente negli spazi da cui doveva ritirarsi ma quando è stata costretta ad andarsene non ha fissato il controllo territoriale comportandosi come gli sbirri. Quando poteva, la gente tornava negli spazi da cui era stata costretta a ritirarsi a causa dei lacrimogeni. Ma quando necessario, si allontanava dalla polizia come una forza distruttiva torrenziale. Ogni progresso degli agenti ha comportato la distruzione, il saccheggio e l’incendio di un numero maggiore di negozi. Ciò voleva dire che la polizia stava perdendo, indipendentemente dal fatto che scegliesse di rimanere assediata o di respingere la moltitudine.

Infine, la caduta del Terzo distretto dimostra il potere dell’ingovernabilità come obiettivo strategico e mezzo dell’attività della moltitudine. * Più una moltitudine può fare, più difficile sarà per i poliziotti.* Le moltitudini possono ottimizzare la propria efficacia aumentando il numero di ruoli che le persone possono svolgere e massimizzando le relazioni complementari tra loro.

I praticanti della nonviolenza possono usare la loro legittimità per nascondere o proteggere temporaneamente squadre di tiratori. Queste possono proteggere dal fuoco degli agenti coloro che praticano la nonviolenza. I saccheggiatori possono aiutare a nutrire e curare la moltitudine e, contemporaneamente, disorientare i poliziotti. A loro volta, coloro che si scontrano con gli sbirri possono generare opportunità di saccheggio. I maghi della luce possono fornire alle squadre di tiratori un’invisibilità temporanea, accecando i poliziotti e disabilitando i droni e le telecamere di sorveglianza. Chi pratica la nonviolenza può far guadagnare tempo ai barricatori, la cui opera può, in seguito, alleviare la necessità della nonviolenza per garantire la prima linea.

Qui si nota che una moltitudine internamente diversificata e complessa è più potente di una moltitudine omogenea. Usiamo il termine composizione per definire questo fenomeno di massimizzazione della diversità di pratiche complementari. Questa è distinta dall’organizazione poiché i ruoli sono elettivi, gli individui possono spostarsi in base a necessità o desideri e non ci sono leader che li possano assegnare o coordinare. Le moltitudini che formano e combattono mediante la composizione sono più efficaci contro la polizia non solo perché tendono a essere più difficili da controllare ma anche perché l’intelligenza che le anima risponde e si evolve parallelamente alla situazione esistente sul campo, anziché seguendo concezioni preesistenti di come dovrebbe essere una battaglia. Non solo se una moltitudine è “composizionale” ha più probabilità di logorare gli agenti attraverso delle battaglie; ha anche maggiori probabilità di essere abbastanza fluida per riuscire a vincere. Come ultima osservazione, possiamo contrastare l’idea di “composizione” con quella della “diversità di tattiche” utilizzata dal movimento no-global; il principio fondante della “diversità di tattiche” si basa sull’idea che gruppi differenti coinvolti in un’azione debbano usare mezzi tattici differenti in tempi o spazi differenti per lavorare verso un obiettivo condiviso. In altre parole, “tu pensi a te, io penso a me” ma senza tenere in considerazione di come ciò che sto facendo integri ciò che stai facendo e viceversa. La diversità delle tattiche è il codice attivista per la “tolleranza.” La moltitudine radunatasi il 27 maggio per contrastare il Terzo Distretto non ha “praticato la diversità delle tattiche” ma si è raccolta collegando tra loro tattiche e ruoli diversi in uno spazio-tempo condiviso che ha permesso ai partecipanti di sfruttare ogni tattica in base alla situazione.

29 maggio: i graffiti della notte precedente modificano le insegne delle attività commerciali.

L’ambiguità della violenza e della nonviolenza sulla prima linea

Siamo abituati a vedere più tattiche conflittuali usate per proteggere coloro che praticano la nonviolenza, come a Standing Rock e a Charlottesville o nella figura di chi “sta in prima linea” a Hong Kong. Tuttavia, l’inversione di questa relazione ha fatto sì che le funzioni del “militante che sta in prima linea” (à la Hong Kong) si siano divise in due ruoli distinti: protezione della moltitudine e controffensiva. Questo non è mai assurto al livello di una strategia esplicita nelle strade; non ci sono stati appelli per “proteggere i tiratori.” Nel contesto americano, dove la nonviolenza e le relative narrazioni sull’innocenza sono profondamente radicate nelle lotte contro il razzismo di Stato, non è chiaro se questa strategia potrebbe funzionare esplicitamente senza che le squadre di tiratori si sacrifichino correndo dei rischi. In altre parole, è probabile che, a Minneapolis l’unione di tattiche balistiche e di nonviolenza sia stata resa possibile da una percezione tacitamente condivisa dell’importanza dello spirito di sacrificio durante il confronto con lo Stato che ha costretto ogni parte in causa a superare le proprie paure.

Tuttavia, questa percezione condivisa del rischio non va così lontano. Laddove, probabilmente, i manifestanti pacifici consideravano le proprie azioni come simboli morali contro la violenza della Polizia, le squadre di tiratori indubbiamente vedevano quei gesti in modo diverso, ovvero come scudi o opportunità strategiche materiali. Ancora una volta, possiamo evidenziare il potere del modo in cui la composizione si manifesta in situazioni reali, sottolineando come questa consenta che interpretazioni completamente diverse delle stesse tattiche possano coesistere fianco a fianco. Ci uniamo senza diventare gli stessi, ci muoviamo insieme senza capirci, eppure funziona.

Effettuare una divisione delle funzioni di chi combatte sulla prima linea implica l’esistenza di limiti potenziali. Innanzitutto, ciò non mette in discussione la valorizzazione del sacrificio nella politica della nonviolenza. In secondo luogo, il valore del confronto balistico è ambiguo poiché gli viene impedito di ricoprire un ruolo stabile davanti alla moltitudine. Non si può negare che il Terzo Distretto non sarebbe stato preso senza tattiche balistiche; tuttavia, poiché la prima linea è stata identificata con la nonviolenza, l’importanza spaziale e simbolica dei tiratori era implicitamente secondaria. Questo ci porta a chiederci se ciò abbia reso più facile per la contro-insurrezione mettere radici nel movimento attraverso la “sorveglianza comunitaria” e il suo corollario, l’autosorveglianza di manifestazioni e movimenti entro i limiti della nonviolenza.

29 maggio: Graffiti su un K-mart. Un’altra fine del mondo è possibile.

Verifica dei fatti: una necessità cruciale per il movimento

Pensiamo che il più grande pericolo per il movimento attuale si fosse già esplicitato nel corso della battaglia al Terzo Distretto – ovvero, il pericolo di voci incontrollate e paranoia. Riteniamo che la “verifica delle fonti” sia di vitale importanza per l’attuale movimento al fine di minimizzare la confusione sul campo e la sfiducia interna sulla propria composizione.

Nel corso del Giorno Due, abbiamo sentito una sfilza di voci. Hanno continuato a dirci che i rinforzi della polizia antisommossa stavano arrivando per reprimerci. Alcune persone che stavano scappando ci hanno avvertiti che la Guardia Nazionale era “a venti minuti da noi.” Una signora bianca si è fermata accanto a noi e, sporgendosi dal suo furgone, ha urlato “LE POMPE DELL’AUTOZONE SONO IN FIAMME E STANNO PER ESPLODERE!!!!” Tutte queste voci si sono rivelate false e, in quanto stati di ansia misti ad attacchi di panico, hanno sempre prodotto lo stesso effetto: far sì che la moltitudine dubitasse della propria forza. Era come se alcuni membri della moltitudine stessero sperimentando una forma di vertigine di fronte al potere che avevano comunque contribuito a forgiare.

È necessario interrompere le voci ponendo domande a chi le riporta. Ne esistono alcune semplici che possiamo fare per far sì che la paura e le voci che hanno l’effetto di indebolire la moltitudine cessino di esistere. “Come fai a saperlo?”, “Chi te l’ha detto?”, “Qual è la fonte delle tue informazioni?”, “È un fatto confermato?”, “Le prove sembrano inconcludenti; quali sono gli elementi a tua disposizione per esprimere un giudizio?”

Insieme alle voci, c’è anche il problema di attribuire un’importanza sproporzionata a determinate caratteristiche del conflitto. Con il sopraggiungere del Giorno Due, una delle storie che continuavano a viaggiare era quella legata alla minaccia dei “Boogaloo Boys” che si erano presentati il giorno precedente, fatto che ci sorprese perché noi non li avevamo incontrati. Il secondo giorno ne abbiamo visti cinque o sei che però si erano messi a seguire un evento che li aveva superati. Nonostante la loro proclamata simpatia per George Floyd, un paio di loro rimasero a fare la guardia a un negozio per difenderlo dai saccheggiatori. Ciò non ha dimostrato solo il limite della loro presunta solidarietà ma anche quello legato alla loro sensibilità strategica.

Infine, il Giorno Tre ha avuto inizio con i presunti rapporti secondo cui alcuni infiltrati della Polizia o agenti esterni erano stati i responsabili della devastazione compiuta il giorno prima. Target, Cub Foods, Autozone, Wendy’s e un palazzo edificato per metà erano andati in fiamme verso la fine della notte. Non possiamo escludere la possibilità che alcune forze ostili abbiano cercato di diffamare la folla distruggendo a man bassa tutto ciò che si poneva sul loro cammino. Se, tuttavia, ciò fosse vero, non si può negare che il loro piano sia miseramente fallito.

In linea di massima, la moltitudine ha ammirato questi incendi sublimi con soggezione e consenso. Anche la seconda notte, quando il condominio in costruzione era completamente avvolto dalle fiamme, la moltitudine si è seduta di fronte a esso, sulla 26th Avenue, e si è riposata come se fosse raccolta attorno a un falò. Ogni incendio ha contribuito all’abolizione materiale dello stato delle cose esistente e le ceneri di ciò che è stato bruciato sono diventate il simbolo della vittoria. Invece di credere alle voci su provocatori o agitatori, troviamo più plausibile che chi è stato oppresso per secoli, chi è povero e chi si aspetta Seconda Grande Depressione preferirebbe dar fuoco al mondo anziché sottostare all’ordine precostituito. Secondo noi, questi incendi stanno a significare che la moltitudine era consapevole del fatto che le strutture della Polizia, della supremazia bianca e di classe si basano su forze materiali e edifici.

Per questo motivo, riteniamo che dovremmo valutare la minaccia rappresentata da potenziali provocatori, infiltrati e agitatori sulla base del fatto che le loro azioni aumentino o diminuiscano direttamente il potere della moltitudine. Abbiamo imparato che decine d’incendi strutturali non sono sufficienti a diminuire il “sostegno pubblico” per il movimento, sebbene nessuno avrebbe potuto prevederlo. Tuttavia, chi ha filmato membri della moltitudine folla intenti a distruggere le proprietà o a infrangere la Legge - indipendentemente dal fatto che intendessero informare le forze dell’ordine o meno - ha costituito una minaccia tangibile per la moltitudine perché, oltre a rafforzare confusione e paura, hanno conferito allo Stato l’accesso alle informazioni.


Post scriptum: visioni della Comune

Sin dal 1965, anno in cui apparve lo scritto di Guy Debord “Il declino e la caduta dell’economia spettacolare-mercantile,” si è sviluppata una ricca tradizione per commemorare l’ascesa della vita sociale della comunità durante le rivolte. Queste aboliscono le relazioni sociali capitaliste, consentendo alle persone di stringere nuove relazioni con le cose che ne compongono il mondo. Eccone le prove.

Quando il negozio di liquori aprì, decine di persone uscirono con cassette di birra che furono messe sul pavimento per essere condivise da tutti. La birra preferita dalla moltitudine era la Corona.

Abbiamo visto un uomo uscire con calma dal negozio con entrambe le braccia cariche di bottiglie whisky. Ne diede una a ogni persona che passava mentre si allontanava per ricongiungersi alla battaglia. Alcune delle bottiglie di liquore vuote lasciate in strada furono successivamente scagliate contro i poliziotti.

Con gli edifici in fiamme intorno a noi, un uomo passò e, rivolgendosi a nessuno in particolare, disse: “Quel tabacchi aveva un botto di sigarette sfuse… vabbè. Fanculo.”

Abbiamo visto una donna spingere un carrello della spesa pieno di pannolini e bistecche. Un gruppo che stava facendo uno spuntino durante una pausa è scoppiato in un applauso al suo passaggio.

Dopo che un gruppo aveva aperto l’Autozone, la gente si è seduta al suo interno, fumando e osservando la battaglia tra polizia e ribelli dalla vetrina anteriore. La si poteva veder indicare qualcuno tra i poliziotti e poi tra la moltitudine, parlando e facendo cenni con il capo. Stavano vedendo le stesse cose che vedevamo noi?

Abbiamo preso delle scarpe in un Foot Locker saccheggiato. Il pavimento era coperto da una parete all’altra con scatole semidistrutte, carta velina e scarpe. Durante la perlustrazione, la gente urlava i modelli e i numeri delle calzature. Dopo un quarto d’ora alla ricerca di una coppia appaiata, abbiamo sentito il frastuono della battaglia e vi ci siamo ributtati.

Il Giorno Tre, i pavimenti degli alimentari parzialmente bruciati erano coperti da un paio di dita di acqua emessa dagli sprinkler e da un disgustoso mix di cibo che era stato scaraventato a terra dagli scaffali. Tuttavia, si potevano vedere delle persone che, indossando stivali da pioggia, frugavano in mezzo ai resti come se stessero facendo acquisti, aiutandosi a vicenda per scavalcare oggetti pericolosi e, di nuovo, per condividere il loro bottino all’esterno.

Mentre gli agenti battevano in ritirata, una giovane donna somala vestita in abiti tradizionali festeggiò recuperando un mattone da un giardino e tirandolo senza tante cerimonie verso una fermata dell’autobus. Le sue amiche - anch’esse vestite allo stesso modo - alzarono i pugni e ballarono.

Un uomo incappucciato a petto nudo passò davanti al Distretto in fiamme e alzò i pugni, urlando: “Il COVID è finito!” mentre, a cinque metri di distanza, alcune ragazze stavano facendosi un selfie. Invece di dire “Cheese!” dicevano “Morte ai porci!” I laser fendevano il cielo pieno di fumo mentre un elicottero della Polizia passava sopra di loro.

Mentre ci stavamo allontanando dalla miglior festa sulla Terra, passammo davanti a un negozio di liquori che veniva saccheggiato. Una madre e i suoi due figli adolescenti scesero da una macchina e chiesero se fosse rimasto qualcosa da bere. “Hai voglia! Vieni a prenderne un po’!” La figlia sorrise e disse: “Dai! Ti aiuto io, mamma!” Dopo essersi infilate le mascherine antiCovid, sono entrati nel negozio.

Il giorno dopo, prima dell’assalto al Quinto Distretto, ci furono saccheggi di massa nel quartiere di Midtown. Un ragazzino che non poteva avere più di sette o otto anni si avvicinò a noi con una bottiglia di whisky dalla cui bocca usciva uno straccio. “Avete da accendere?” Dopo aver riso, gli abbiamo chiesto: “Cosa vuoi colpire?” Dopo che aveva indicato un alimentari friendly, gli abbiamo chiesto se non sarebbe stato meglio trovare “un bersaglio nemico.” Andò immediatamente alla US Bank sul’altro lato della strada.

“Questa è l’anarchia.”